Toscano di Fivizzano nella Lunigiana, nato il 24 agosto del 72, dopo una ottima carriera tra i dilettanti, passa professionista nel 95 con la Navigare Blue Storm di Bruno Reverberi dopo esser tra l’altro arrivato 3zo al Giro dilettanti.
Francesco Secchiari smette nel 2004 ed oggi vive a Lavaiano Lari (Pisa). La sua lunga carriera da ciclista gli ha regalato soddisfazioni indimenticabili vincendo un Giro di Toscana, un GP Industria e Commercio Carnago, il Giro dell’Abruzzo e 2 tappe del Giro del Portogallo, 1 tappa al Giro di Svizzera e servendo capitani come Pantani, Petacchi e Cipollini.
Molto amato dai suoi capitani, Francesco ha sempre avuto molti tifosi e la schiera dei sui ammiratori continua oggi grazie al suo revival social, con una comunicazione ironica, pungente ed assolutamente politically incorrect.
CyclingDigest (CD) Francesco sei stato professionista dal 1995 al 2004, anni pieni di grandi campioni ma anche di tanti problemi.
Francesco Secchiari (FS) Assolutamente! Ti dico solo che mi hanno chiamato come testimone in tre processi che simbolicamente segnano quel periodo. Mi hanno chiamato per Pantani dopo l’incidente della Milano Torino del 1995, volevano sapere quello che succedeva intorno a lui in ospedale facendosi mille seghe mentali con le loro teste, per Cipollini (accusato di aver dribblato il Fisco dimenticando di versare le imposte dovute) quando avevano messo in discussione la sua residenza a Montecarlo, poi ancora per Simeoni ed Armstrong perché ero li quando successe il fatto, mi hanno coinvolto come testimone in tutti i tre casi”.
CD Questo periodo mi fa tornare in mente alcuni fortissime dichiarazioni di Frigo nel 2019, sulle accuse a lui mosse e sul suo processo. Tu hai corso con lui.
FS Io si ho corso insieme a lui e l’ho conosciuto come persona fantastica, splendida e onesta. Dopo, lui ha cambiato squadra e ci siamo persi un po’ di vista. Io ho provato di recente a contattarlo per salutarlo, ma anche facendo alcune ricerche non son riuscito a rintracciarlo in nessun modo. Finiti gli anni del professionismo, le vita cambia ed io son stato un po’ fuori da questo mondo. Avevo la mia piccola impresa edile, ho fatto il giardiniere, cose che mi prendevano tutta la giornata. Oggi non sto lavorando e sto seguendo il ciclismo con più tempo a disposizione ed ho iniziato a divertirmi sui Social scrivendo cazzate su Instagram. Ora sono un po’ rientrato nel mondo del ciclismo, ho ritrovato molti amici, e invece Frigo non sono riuscito a trovarlo.
CD Frigo è completamente sparito di circolazione e mi risulta non risponda più a nessuno. Immagino sia una persona di grandissima sensibilità e si sia voluto isolare da tutti, soprattutto dal mondo del ciclismo.
FS Io non voglio e non son nessuno per giudicare, però, secondo me, Frigo era una delle persone più oneste, più brave, più dolci che c’era in gruppo e poi essendosi cacciato in questa disavventura, per me si è un po’ vergognato, ma sopratutto è rimasto deluso e schifato da qualcuno che non lo ha aiutato o che lo ha messo da parte dopo averlo usato. Ci sono delle persone che se ne fregano, aspetti che passi la squalifica e poi rientri a gareggiare, e invece lui non l’ha presa nello stesso modo. Io negli ultimi anni ho fatto anche la guardia giurata, e ho vissuto i piccoli furtarelli fatti nei negozi dalle persone, e quando li prendi, ti rendi conto che la differenza non la fa quello che è successo ma la fa la persona. C’e’ quello che ruba e se ne frega mandandoti a quel paese e che il giorno dopo ritorna a rubare senza nessuna vergogna. E c’è poi quello che magari rubando la stessa cosa, una volta beccato sparisce per sempre, si mette a piangere, si vergogna e non si farà mai più vedere. Questo per dire che secondo me Frigo è una brava persona, si è pentito e non ha avuto paura di vuotare il sacco.
CD Io sono rimasto molto toccato da questa storia, e quando ho visto che era in squadra con te, te ne ho voluto parlare.
FS Rimango dell’idea che Dario è una persona speciale, ed è uno di quelli che mi ha dato stimoli importanti, che hanno inciso sulla mia vita da professionista. Sarei molto contento di rivederlo.

CD Torniamo a noi. Sei arrivato terzo al Giro d’Italia dilettanti l’anno prima di passare professionista.
FS Sì, ho anche tenuto la maglia di leader per 5/6 giorni, ma al penultimo giorno l’ho persa per 20 secondi e sono arrivato terzo. Sono andato vicinissimo a vincerlo, ma alla fine la spuntò Leonardo Piepoli. Quello lì fu un Giro durissimo, più adatto a scalatori puri che non ad un passista scalatore come me, però io sapevo di andare bene in salita, magari non come i grandi campioni, pertanto giocavo d’anticipo, magari andavo in fuga prima e poi non mi rimontavano, come è poi successo in alcune corse che ho vinto. Anche in quel Giro andai a cercare la fuga prima delle tappe diciamo regine, quelle più dure, e poi ho mantenuto il mio vantaggio. È solo che sul Giau ebbi una grossa crisi, e li mi giocai quel Giro.
CD In quel Giro oltre a Piepoli, c’erano Mazzoleni, Simeoni, corridori importanti insomma.
FS Sì sì c’erano anche Borghi, Mosole, e tutti i dilettanti piú forti di quel periodo, ma me la cavavo anche io, ero forte. Da professionista è tutto diverso. Più vai avanti più diventa dura. Ti metti a correre con gente come Bugno, che quando avevo 15 anni ed ero negli allievi lottavo per provare ad avere un autografo da lui, passavi da avere attaccato in camera il poster a ritrovarti a gareggiare con lui. Le cose cambiano ….
CD Adesso tu vivi a Lavaiano di Lari.
FS Mi sono sposato qui, poi mi sono separato, ma qui sono rimasto per stare vicino alle mie 2 figlie, una di 20 e l’altra di 17, Noemi e Nadine. Vivo da 6 anni con la mia compagna Valentina, siciliana di Palermo, e i suoi due figli, Alessio e Daniele, rispettivamente di 15 e 9 anni.
CD Da prof non hai vinto tantissimo, ma qualche bella soddisfazione te la sei tolta. Hai vinto un Giro della Toscana, un gran premio Carnago, il giro dell’Abruzzo dominandolo…
FS Sì, li veramente ho vinto di forza, ero il più forte, ero il più forte in salita, era un momento di grazia per me. In quel Giro dell’Abruzzo, vinsi anche 2 tappe e c’era gente forte come Ugrumov, Faustini. Io venivo dalla vittoria al Giro di Toscana e l’ Abruzzo veniva subito prima del Giro d’Italia che ho fatto meglio nella mia vita. Ero in uno stato di grazia, ho fatto un mese e mezzo di grandissima forma e vittorie. Credo che quello sia stato il periodo migliore della mia carriera, dove sono andato più forte, volavo.
CD Stiamo parlando del Giro d’Italia del 98 giusto? Tu fai anche quarto nella tappa regina di Montecampione. Eri in fuga?
FS Alla tappa di Monte Campione sono arrivato 4to, non ero in fuga. Ci fu una selezione naturale, la tappa era dura tutta, e la salita di Monte Campione era tostissima. Ad ogni salita che si faceva e ad ogni chilometro che passava perdevamo qualcuno del gruppo.
CD 243 Km quella tappa.
FS E sì, si continuava a perdere gente dal gruppo! Io di fatica ne facevo tanta ma tenevo duro. C’era da dare tutto fino all’arrivo e davanti a me c’erano solo tre persone. Pantani, Tonkov e turbo Guerini. Diciamo che è stata una tappa dove ho sofferto tanto, ma ad un certo punto mi sono sbloccato, diciamo psicologicamente, quando ho visto Zulle, che era un grande campione, staccarsi dal nostro gruppetto e li allora mi son fatto coraggio e mi son detto siamo tutti esseri umani, proviamo a tener duro. Infatti son riuscito a rimanere con i migliori e a fare una grande tappa. Comunque ripeto, andavo!
CD È la tappa dove Pantani si leva il piercing dal naso se ricordo bene. Una tappa indimenticabile.
FS Ero già staccato da lui, non l’ho visto personalmente, ma sì, è vero, è quella. Vedi, tuttora quando mi chiedono cosa ho vinto, non dico ho vinto qui ho vinto li, mi viene naturale dire che son arrivato quarto nella tappa di Montecampione nel Giro di Pantani, l’anno della sua doppietta col Tour. Anche chi non segue troppo il ciclismo la conosce e per gli addetti ai lavori questa è stata una delle più belle giornate di ciclismo di quell’epoca.
CD Tu ha hai vinto 2 o 3 tappe del Giro del Portogallo?
FS Ne ho vinte 2, una nel 97 all’Alto da Torre, la prima il primo anno da pro nel 95 e si arrivava a Porto Alegre.
CD Quando sei passato professionista sei andato subito forte, nel primo anno da pro sei andato bene nei Paesi Baschi, nella Euskal Bizikleta [una corsa che poi si fonderà con il Giro dei Paesi Baschi]. Piazzato in tutte le tappe ed anche in classifica generale. Sei arrivato 5to.
FS Sì, arrivai dietro a gente come Berzin e Zulle e davanti a forti corridori come Olano. Dopo andai al trofeo Matteotti vinto da Bugno, ed io quinto. La fuga la promossi io. L’idea era di farmi conoscere in Italia dopo essermi messo in mostra in Spagna. Quel Matteotti valeva anche come prova del Campionato Italiano. Attaccai alla “cattiva” perché volevo mettermi in mostra e mi portai dietro Bugno, Tafi, Lanfranchi, Faresin e Simoni …. insomma. Avendo dato tutto, sull’ultimo scollinamento persi qualcosa ma mi riagganciai in discesa. Fini con una volata a sei, con Bugno che diede un’accelerata che mi ricordo ancora adesso.
CD Non male per un neo-professionista.
FS Sì. Ma non sono andato subito bene, e quella è stata proprio la mia fortuna e ti spiego il senso. Appena passato professionista son andato subito male, non riuscivo neanche a rimanere in gruppo, ero un po’ grasso, ero poco allenato. Perché ero allenato da dilettante non da professionista . E li ci fu una scossa dentro di me. Reverberi cominciava a lasciarmi a casa, non ero tra i titolari. Hanno cominciato a non portarmi più alle corse, perché se hai da scegliere 1 tra 10 persone non ti porti via Secchiari che non va. E ho cominciato a saltare qualche corsa. Da lì presi l’input di cominciare a pensare di allenarmi seriamente in un altro modo e di dimagrire ancora. E poi ottenuto qualche risultato, Reverberi mi reinserì nel gruppo e mi fece fare anche il Giro d’Italia. Diciamo che è stata una lezione per me. Reverberi non era uno stupido, sapeva quello che faceva, inutile girarci intorno, capì che aveva ragione.
CD Ti definisci un passista scalatore o un corridore completo?
FS Un corridore completo da dilettante vince, da juniores stravince, e così è stato per me. Ma da professionista è tutta un altra musica. Per vincere ci vuole uno spunto in più su una cosa specifica, o sei scalatore o sei velocista o sei un cronoman e allora vinci qualcosa dove vai più forte. Ma se sei un corridore completo hai a che fare con dei campioni e se riesci ad emergere sei un campione anche tu, ma se così non è? Per cui, io giocavo di anticipo, come nelle 2 tappe vinte in Portogallo. Essendo io un passista scalatore tenevo ed essendo anche abbastanza veloce riuscivo anche a levarmi qualche soddisfazione così come feci al Giro di Toscana. E dovevo giocare d’astuzia, perché se mi confrontavo faccia a faccia con Pantani e Piepoli in salita perdevo, in volata con Cipollini, Petacchi, Leoni, Minali perdevo, a cronometro con gli specialisti perdevo, allora dovevo anticipare cercando di sfruttare le mie doti che comunque erano limitate.
CD Eri anche un finisseur o un puncher come dicono i francesi.
FS Ero un inculatore (e se la ride), cercavo di fregarli in tutti i modi. Anche da dilettante sapevo di esser forte, ma se in volata sapevo di non vincere allora anticipavo di 2 chilometri e talvolta mi andava bene.
CD Quando passi da professionista nel 1995, chi è il capitano della squadra?
FS E’ Coppolillo. Grande capitano, grande amico e grande persona è stato il mio primo capitano e mi è rimasto nel cuore, come poi mi sono rimasti nel cuore Cipollini, Pantani, Scarponi, Petacchi ….
CD Quale e’ La vittoria poi bella della tua carriera.
FS La più bella? L’ho fatta da dilettante, quella sì che mi ha lasciato un ricordo indelebile. La Torino – Biella nel 1994, un importante corsa internazionale e molto difficile, e quel giorno piovve tutto il tempo. L’anno prima l’aveva vinta un mio compagno di squadra, Diego Pellegrini, che quello stesso anno morì in un incidente nella discesa del Colle San Carlo durante il Giro della Valle d’Aosta del 1993. Era una grande promessa ed aveva anche vinto il Piccolo Lombardia. E poi quel giorno era il 25 Aprile, il compleanno di mia mamma. Fu per me una grande emozione, perchè era stata una gara durissima, perché l’aveva vinta l’anno prima il mio compagno di squadra che ora non c’era più, e perché all’arrivo ho visto mia madre che mi aspettava. Ricordi indelebili.
CD E tra le vittorie dei tuoi capitani, quale ti sta più a cuore?
FS Quelle di Cipollini, perché Cipollini ha vinto di più nelle corse dove io ho lavorato di più. Il lavoro che ho fatto io per gli altri è stato ripagato dalle vittorie dei miei capitani e quello che ha vinto di più è stato Cipollini. Per Mario, io lavoravo durante la corsa, gestivo le fughe con i miei compagni. Sapevo come gestirle, mi facevo il culo ed arrivavo stremato e talvolta staccato dal gruppo e vedere Mario sul palco era un po’ come se fosse la mia vittoria.

CD Cipollini ha sempre ammesso di essere una persona estremamente esigente ed era molto duro con i suoi compagni, hai mai avuto screzi tra te e Mario?
FS Cipollini più che un rompiscatole era un perfezionista e così è rimasto. Il problema potevo solo crearlo io che non ero un perfezionista e che ad oggi rimpiango di non aver seguito tutti i consigli che mi dava Mario, perché al tempo avrei fatto ancora meglio. Mi poteva rimproverare per come mi allenavo, per come mangiavo e per come vivevo. Mi allenavo si duramente, ma qualche sgarro alla regola la facevo. Avevo 25 anni e oggi, a 48 anni, mi rendo conto che se avessi fatto come consigliato avrei fatto sicuramente meglio. Lui dava il 1000 × 1000 e si aspettava da tutti anche dei massaggiatori il 1000 × 1000. Ci deve esser stato qualcosa, e mi pare l’abbia anche detto: gli avevano riferito che Davide, parlando di Mario, aveva detto che era il cancro del ciclismo italiano. Cosa tra l’altro che Davide dice di non aver mai detto. Sono cose un po’ personali fra di loro, io comunque sono amico sia di Cipollini che di Cassani. Mario è stato duro sicuramente, ma del resto è Mario, e se uno si scontra con Mario trova Mario. Vorrei farti un esempio. Il povero Marco [Pantani] se un giornalista scriveva una cosa dura nei sui confronti si rattristava e comunque si sentiva attaccato. Se invece il giornalista voleva scrivere lo stesso su Mario, magari prima di pubblicare il pezzo ci pensava bene, sapendo che Mario aveva un carattere forte e che non avrebbe esitato a confrontarlo.
CD Ma tu cosa facevi nei tuoi anni di professionismo. Non ti allenavi, mangiavi tanto, uscivi…
FS No, mi allenavo duramente e stavo anche attento ad alimentarmi correttamente, talvolta uscivo a divertirmi. Ma potevo sforzarmi per esser più magro ed uscire ancora meno. Se avessi fatto tutto con più testa, forse avrei ottenuto più risultati. Potevo impegnarmi di più, essere un pochino più stretto nelle regole ed avrei fatto sicuramente meglio, ma tornando indietro non ho nessun tipo di pentimento perché questa purtroppo è la mia testa. Un po’ come un bambino che se gli dici scusa ti manda a fanculo e poi da grande dice, ah se avessi studiato con più impegno! In quel momento li Mario era il padre. Lui ha sempre avuto stima di me e mi ha trattato con grande rispetto, io lo seguivo sin da piccolo e lui conosceva sia me che il mio babbo e per noi ha sempre avuto un grande rispetto. Quello che mi diceva me lo diceva per il mio bene e che se non t’entra in testa non t’entra in testa.
CD Dalla nazionale hai mai ricevuto una chiamata?
FS Da juniores, quando andavo davvero forte, ma poi anche se che la mia condizione era ottima mi misero di riserva e, in altre occasioni, mi fecero correre quando ero in calando, quindi niente di che. Poi mi brillarono gli occhi quando Ballerini mi chiamò in Nazionale. Non era per il Mondiale ma per il Tour of Qinghai Lake in Cina, dove il nostro capitano, Damiano Cunego, conquisterà una tappa e la classifica generale. Damiano era giovanissimo, io in quel periodo andavo forte, in Cina si andava solo in 6, forse non ero da Nazionale, pensai ad uno scherzo. Ma a Franco serviva un uomo di esperienza che potesse aiutare Damiano, uno adatto ad una corsa tappe ed io feci sicuramente il mio dovere.

CD Il ciclismo ti ha dato la possibilità di conoscere il mondo. Sei andato molto spesso fuori dall’Europa.
FS Se non fossi stato un ciclista pro molti posti non li avrei mai visti. Sono stato in Australia, Stati Uniti, Malesia, Giappone, Cina e mi son comportato sempre benino li all’estero. In Giappone, alla Japan Cup sono arrivato 11 esimo, in Cina abbiamo vinto il Giro con la Nazionale e negli Stati Uniti ho fatto sempre bene. Tra l’altro negli Stati Uniti, nel primo anno, non mi ricordo benissimo, la tappa più dura della Tour DuPont la vinse Armstrong ed io arrivai tra i primi 10.
CD Si (aggiungo io controllando su ProCyclingStats) era l’arrivo a Beech Mountain e tu arrivasti 9 in una tappa dura e lunga 192km, e tu era da poco passato pro. Quel Tour lo vince poi Lance Armstrong, davanti ad Ekimov e con Andrea Peron terzo. E li in America c’era anche Franco Ballerini, che arriverà 11mo, Angelo Citracca, allora tuo compagno di squadra e tu arrivasti 34mo nella generale.
FS Ci sono delle corse fuori dall’Europa, che sono considerate in quei paesi che le organizzano più importanti più di un Giro o di un Tour. Non hanno nulla di meno di una grande corsa qui in Europa, anche come di guadagno di premi, di organizzazione, di presenza di pubblico. Il problema è che sono corse in paesi così lontani che non riescono ad avere qui la stessa visibilità di quelle europee. Un esempio, siamo in Cina, un ragazzo cinese vince una corsa e Santoni mi dice: contatta questo ragazzo che lo voglio comprare che lo inserisco in squadra. Io ci parlo, ma quello facendosi capire, mi spiega di comprendere che noi europei non lo possiamo conoscere, ma li nel paese lui è famosissimo e la sua immagine è su tutti francobolli. C’erano molti ciclisti che eran vere star nei loro paesi ma in Europa nessuno li conosceva.
CD Come tu arrivi alla bicicletta? Era appassionato tuo padre? A che età?
FS Io vivevo in un paesino di 80 abitanti, avevo 9 anni, pochi erano i miei coetanei. Le opportunità per fare sport di squadra non c’erano, con l’eccezione del calcio dove io ho sempre fatto schifo e quindi se si voleva fare uno sport questo doveva essere individuale. A me piaceva il pugilato e il ciclismo, siccome mio padre era carrarino, di Gragnano vicino Carrara, li nella zona le due grandi scuole di sport erano il Velo Club di Carrara e la Pugilistica Carrarese. Per cui il mio babbo un giorno mi prende e mi porta a Carrara per vedere di indirizzarmi verso qualche sport perché ero grassottello ed un po’ di moto non m’avrebbe fatto male. Mi portò a vedere un incontro di boxe. La boxe mi piace tuttora ma vedevo i bambini che prendevano le botte, piangevano, il sangue ….. avevo 9 anni. E allora gli dissi: si prova un attimo con il ciclismo!! Poi mi comprò la bicicletta ed iniziai a correre, era il 1981.
CD Fratelli? Eri figlio unico?
FS Ho una sorella più grande di un anno. Io son stato l’unico corridore in famiglia, i miei nonni niente e il mio babbo si forse una corsa l’ha fatta, ma così, diciamo che non sono un figlio d’arte.
CD A che età hai capito che eri forte e che il ciclismo poteva diventare per te un lavoro.
FS Che ero forte l’ho capito a 15 anni da allievo, perché ho vinto 9/10 corse in un anno. Però mio padre già da subito a 9 anni mi diceva che ero forte e mi ha sempre motivato. E mi portava a fare le gare ovunque io chiedessi. Si è sacrificato tanto e mi ha sempre spronato motivandomi ed io non posso che ringraziarlo davvero. Senza mio padre non avrei fatto quello che ho fatto. Per i miei genitori era anche un costo perché vengo da una famiglia umile mio padre faceva il fruttivendolo a mia madre la maestra. I miei genitori mi hanno sempre appoggiato nelle mie scelte, mi hanno aiutato. Quello che veniva veniva. Intanto avevo perso peso e come tutti i bimbi che andavano in bicicletta iniziavo a sognare di fare il Giro d’Italia.
CD Nel 2004 la tua carriera da Pro finisce, fai ancora la granfondo, le Olimpiadi del Cuore per Pantani e la vinci. Hai deciso tu di scendere di sella e di non rimanere nel mondo del ciclismo?
FS Io dopo 10 anni da professionista, ero pronto per fare il mio 11mo anno, eravamo già in ritiro con la Naturino-Sapore di Mare, la ex Domina, ma non ci siamo trovati d’accordo nel ritiro con Santoni, e non mi venne rinnovato il contratto nonostante avessi già partecipato alla presentazione della squadra. Io rimasi a piedi a gennaio e trovare una squadra diventava difficile. Però ci speravo, ed ho continuato ad allenarmi per trovare gli stimoli e rimanere in forma, e ho cominciato a fare le granfondo. Ho corso varie granfondo con la testa di fare bene ma non perché le volevo vincere ma perché volevo rimanere Secchiari il corridore. Quando mi resi conto che non c’era più posto per me tra professionisti, persi gli stimoli, avevo fatto il Giro, il Tour, la Vuelta, avevo vinto e di continuare a fare granfondo o altre corse amatoriali non mi interessava più di tanto, mi divertiva la sera a cena raccontare le mie storie ai cicloamatori che mi ascoltavano con interesse, ma la soddisfazione professionale per me era pari a zero, niente, mi mancavano gli stimoli giusti. Decisi di smettere. Nell’ambiente ci potevo anche rimanere ma tutto questo aveva un prezzo troppo alto da pagare, ed era quello di stare ancora lontano dalle mie figlie. E quindi iniziai a cercare un lavoro che mi permettesse di stare la sera a casa con le bimbe, di mangiare un gelato, una pizza con loro, dedicarle quel tempo che non sempre avevo da professionista. Almeno me le son godute un po’ ed ora son grandi e non vengon più con me. E son orgoglioso di aver fatto delle scelte per starle vicino, cosi come sono orgoglioso di esser andato ad abitare a fianco a loro anche dopo essermi separato. Tutto sommato son riuscito a mantenere un discreti rapporto con la mia ex, ma la cosa più importante è vivere affianco alle mie figlie, è viverci insieme e poterle chiamare per un caffè o per pranzo.
CD Smesso di fare il ciclista professionista fai diversi lavori: il giardiniere, il muratore, la guardia di sicurezza.
FS Sì ho fatto lavori normali perché volevo una vita normale.
CD In quel periodo, tu segui anche una squadra di ciclismo giovanile. E questo ti permette di non staccarti completamente dal mondo del ciclismo. Hai vissuto questa attività come una cosa estemporanea?
FS Ora che le mie figlie sono cresciute avrei molta più libertà di movimento e sono nuovamente pronto ad allenare dei giovani. Non allenerei una squadra grossa, lo farei ma senza un impegno troppo gravoso, perché ho bisogno di avere un po’ di tempo da dedicare alla mia famiglia. E potrei conciliare tutto questo solo allenando una categoria fino agli allievi. Infatti io allenavo gli aIlievi fino ad un anno fa con l’Unione Ciclistica Alta Valdera, prima ero stato con la Ciclistica Mobilieri Ponsacco. Il problema ad oggi è che non ci sono più molte corse per i giovanissimi e per gli esordienti, non si trovano più sponsor e non ci sono più fondi. Spero che una volta tornati alla normalità si possa velocemente ripartire ed io sono rimasto dentro questa squadra e son pronto a rimettermi in moto.
CD Cipollini, a cui sei molto legato, ha recentemente esternato il suo grido di allarme per le sorti del ciclismo giovanile.
FS È stato molto duro, il tema sta a cuore un pò a tutti noi. Cipollini ha le sue ragioni per esser preoccupato, si è attivato in prima persona ed ha detto con forza la sua opinione. Mario a vanvera non parla, si è espresso come sa far lui, ha lanciato il suo grido di allarme frutto dei problemi aggiuntivi che il periodo della pandemia ha portato nel ciclismo giovanile. Inevitabile che le sue esternazione abbiano portato a qualche scontro. Mario è stato duro sicuramente, ma del resto è Mario, e se uno si scontra con Mario trova Mario. Vorrei farti un esempio. Il povero Marco [Pantani] se un giornalista scriveva una cosa dura nei sui confronti si rattristava e comunque si sentiva attaccato. Se invece il giornalista voleva scrivere lo stesso su Mario, magari prima di pubblicare il pezzo ci pensava bene, sapendo che Mario aveva un carattere forte e che non avrebbe esitato a confrontarlo.
CD Credi che la situazione del ciclismo giovanile in Italia abbia un impatto anche sul movimento professionistico.
FS Si tratta dello stesso mondo, il passaggio dal ciclismo giovanile a quello professionistico è molto vicino, quando allenavo i ragazzi alla Ponsacco c’era qualcuno che pedalava forte ed uno è passato presto professionista. Mi sembra ieri che allenavo gli allievi ed alcuni erano davvero forti. Il ciclismo giovanile è come un serbatoio da cui attingere ed è li che si forma il potenziale campione del domani.
CD Questo come si concilia con la difficoltà di trovare gli sponsor e con la carenza di fondi? A livello giovanile ci sono ancora corse sufficienti per foraggiare il movimento?
FS Esser stato per alcuni anni fuori da un diretto coinvolgimento con il movimento ciclistico mi ha permesso ti avere una visione a 360 gradi, completa. Da fuori riesci a vedere le problematiche ed i cambiamenti in modo più oggettivo e più velocemente. Entro ed esco dal ciclismo e poi ne son nuovamente dentro e sulle strade di una stessa corsa ti trovi a vedere solo una decine di persone dove prima trovavi migliaia di tifosi e spettatori. Ti faccio un esempio legato ad una corsa dove son tornato dopo parecchi anni, su un tratto in salita della Foce vicino Carrara dove prima c’erano 1500 tifosi non ho trovato nessuno e tra le squadre locali c’è n’era solo una e mezza dove prima c’è n’erano nove. Da dentro vedi un evoluzione lenta, da fuori un mondo completamente trasformato. Mi son da tempo reso conto che tutto sta cambiando e che servono sempre nuove risposte ed una grande apertura mentale per gestire la trasformazione. Pensa al movimento ciclistico mondiale, prima eravamo noi italiani che dominavamo il ciclismo ora trovi inglesi, americani, australiani e ciclisti di ogni nazionalità, gente che prima quando venivano qua in Italia vedevi che non riuscivano neanche ad allacciarsi le scarpette e qui da noi hanno imparato ad andare in bicicletta. Ed hanno imparato bene!
CD Cosa ne pensi del movimento professionistico in Italia? Non siamo più una potenza mondiale del ciclismo?
FS Noi potremmo tornare ad esser grandi velocemente, qualche giovane talento c’è, ma il sistema ci penalizza. Ti faccio l’esempio del Giro d’Italia, si penalizza una squadra italiana, in questo caso l’Androni di Gianni Savio, ma sacrificare una squadra italiana significa sacrificare il movimento italiano. L’ Androni per l’Italia è una squadra importante e se non gli si dà la possibilità di aver visibilità salta tutto. Non puoi tagliarle le gambe, dietro ci sono soldi che girano e gente che lavora, non invitarla significa invitarla a chiudere. La precedenza va data alle squadre italiane così come fanno al Tour con le squadre francesi. Al Giro con le wildcard prima prendi le professional italiane poi fai entrare le altre straniere. Non è la INEOS che dà da mangiare al movimento italiano. Se serve, tagliamo il numero dei corridori per squadra o facciamo correre una squadra in più. Non cambia molto. Io son stato nel gruppo per tanti anni, se si parte in 200 invece che in 190 non cambia niente.
CD Quest’anno al Giro hanno sacrificato anche un campione anche come Nairo Quintana, e personalmente la scelta di preferire la squadra di Scinto a quella di Savio mi è sembrata un ingiustizia.
FS Io son amico di Scinto come di Savio, di Reverberi, Basso e Andriotto della Eolo, cerco solo di essere obiettivo. Qualunque squadra tu lasci fuori, dopo tanti anni di sacrifici ed investimenti importanti, una squadra dal Giro d’Italia gli fai un danno enorme. Mettere queste nostre squadre a confronto è un errore ancora più grosso. Le hanno messe a litigare tra di loro senza che ci siano colpe. La colpa è soltanto di chi non li ha invitati. Questa è la mia opinione. Mi piacerebbe che la nostra Federazione avesse più peso su questi temi.
CD La federazione italiana ciclismo riesce a tenere i rapporti con voi ex professionisti, venite utilizzato in maniera corretta dalla federazione? FS Io penso di no, perché appena finisce il ciclismo inizia la politica e la Federazione deve fare anche politica, ma a me questa poco interessa, non fa parte del mio mondo.
CD Parliamo ora del 2002. Tu vai a correre con Marco, lui ti chiama?
FS Io faccio tre anni alla SAECO, due anni non male e l’ultimo anno maluccio perché andavo ma non un granché. A fine 2001, ero ancora senza contratto e mi trovai a parlare con Marco che mi chiese dove sarei andato l’anno successivo. Io gli dissi che ancora non sapevo dove andare e che stavo cercando una squadra e lui prontamente mi rispose di andare con lui alla Mercatone ed io accettai senza esitare seguendo le sue indicazioni per unirmi al Team. Marco un signore, un grande, come Mario che nel 2003, mi ha rivoluto e mi ha fatto ritornare in squadra da lui. Rispetto e riconoscenza lo avuta da tutti, Mi hanno voluto nei momenti quando andavo e menavo forte e mi hanno rivoluto anche quando ero nella fase discendente della parabola della mia carriera.
CD Tu con Marco facevi lo stesso tipo di lavoro che facevi per Mario, oppure avevi un ruolo diverso nella squadra.
FS Con Marco dovevo farlo stare più avanti in gruppo, stargli vicino in salita, anche se stare con lui in salita non era facile. Poi fu un anno difficile, non buono per lui ed io al Giro, che quell’anno partiva dal Lussemburgo, cascai nella prima tappa, e mi feci male rompendomi tre costole. Provai a tener duro ma fui costretto al ritiro. A Marco riuscii a dare poco aiuto alla fine. Con lui ho fatto dei ritiri, per affinare la preparazione, ma non ci sono state soddisfazioni legate a risultati agonistici rilevanti, per me solo la grande soddisfazione di averlo vissuto, questo si.

CD Anche nel 1996 , in quel Giro partito da Atene, sei subito costretto al ritiro.
FS In Grecia mi sono rotto tre vertebre ed ho quasi rischiato la paralisi. In quella tappa, caddi due volte, cado e quando rientro in gruppo sono nuovamente caduto e mi sono rotto tre vertebre. E in quella stagione non ho mai più corso e son tornato nel 97 dove poi vinsi a Carnago e una tappa in Portogallo. Tutto il resto del 96 me lo feci a letto o comunque con il busto.
CD Diciamo che tu nella tua carriera un po’ di sfortuna l’hai avuta? Quando diventi professionista il primo anno c’è la famosa caduta.
FS Nel 95 alla Milano Torino mi rompo il bacino in tre parti, poi nel 96, le tre vertebre e poi altre cadute meno gravi, ma quelle due cadute sono state grosse, sono stato a letto tanto.
CD E la caduta alla Milano Torino? Chi era davanti tu o Marco?
FS Eravamo staccati dai primi c’ erano una trentina di ciclisti davanti e stavamo inseguendo. Io non avevo mai corso con Marco, era il mio primo anno e avere Marco Pantani al mio fianco mi creava un po’ di brividi. Comincia la discesa del Superga, si butta giù lui e io mi metto in ruota, e si fa la discesa veloce ma senza rischi esagerati. C’era una curva sinistra alla cieca, e vedo questa Jeep che prende Marco in pieno e subito dopo me e Dall’Oglio. Il resto si sa, l’ospedale e via dicendo.
CD Certo che è un incidente così serio, ad un ragazzo appena passato professionista, avrebbe potuto crearti delle paure permanenti. Hai mai pensato di smettere dopo questo incidente?
FS No perché quell’anno, dopo il primo difficile impatto, andai subito bene in molte delle gare che feci ed arrivo la mia prima vittoria. Il buon vecchio Reverberi, che era una volpe e che devo sempre ringraziare, mi vide andar bene e mi fece firmare un contratto quadriennale, che fu la mia salvezza. Anche perché in mezzo ai due incidenti nel secondo anno non ho praticamente mai corso, ma avevo la serenità interna sapendo di poter correre l’anno dopo senza dover ricorrere a problemi d’ingaggio, ero in un momento difficile ma mi sentivo leggero e certo che avrei continuato a correre. Il buon vecchio Reverberi ha preso da Secchiari ma anche dato, dai.
CD In quegli anni c’erano li cosiddetti Sceriffi? Cipollini, dopo gli anni del dopo Moser e Saronni, divenne un po’ il leader del gruppo?
FS No era già cambiato tutto. Avevo sentito parlare di quel sistema, che poi era semplicemente centrato su rispetto e gerarchie, ma nei miei anni c’erano leader che non ti imponevano le cose, e che il rispetto se lo guadagnavano con i comportamenti più che con l’imposizione. Io, trovavo Bugno e Cipollini, gli portavo rispetto per come trattavano me e gli altri corridori non perché dovevo. Il rispetto te lo dovevi guadagnare sul campo, non più come prima nel paese o a scuola dove quelli più grandi di te pretendevano rispetto per forza, punto e basta, per loro si trattava di un atto dovuto.
CD Tu con il tuo carattere ti sei sempre trovato bene nel gruppo? Appena passato eri un po’ timido?
FS No, sono sempre stato così e mi sono sempre trovato bene. Ovviamente a qualcuno poteva dare noia il mio carattere, magari non a tutti piace quello che racconta la barzelletta, che canta o che tira un urlo, molti ciclisti hanno bisogno di tranquillità. Mi ricordo che durante la prima tappa ad un Giro d’Italia un giovane ciclista tedesco venne da me e mi chiese di comportarmi più seriamente, di abbassare la voce perché rumoreggiavo troppo. A me non andò giù e lo mandai a quel paese e non lo mollai durante tutto il Giro. Ogni volta che provava ad andare in fuga, niente, non ci riusciva, dietro c’ero sempre io che lo andavo a riprendere gli dicevo di ritornare in gruppo.
CD È vero che una volta si partiva più lentamente e non si andava forte come adesso, dove talvolta si va a tutta dal primo km?
FS È vero, ma per esempio al Tour de France piano non siamo mai andati, anche al Giro d’Italia le cose son anche cambiate, le squadre italiane son poche e non hanno il peso che potevano avere una volta. Come fai a dire al gruppo di rallentare che passiamo dal mio paese che ci si ferma per frittelle e pasticcini che c’ho i parenti che aspettano? Un po’ mi manca quel ciclismo dove tutto era un po’ più ‘umano’. Una volta durante un Giro non feci un autografo all’arrivo, nel trambusto non mi ero accorto della richiesta, e quello mi disse se me la tiravo, finì che ci scambiammo i numeri di telefono e me lo ritrovai a fine Giro a casa a mangiare una bistecca assieme. Altri tempi e storie belle di quelle che piacciono anche a me.
CD Tu Il ciclismo in televisione lo vedi? Rai o Eurosport?
FS Seguo la Rai, ma non per una particolare ragione, solo per abitudine. In realtà quando sento Magrini al commento mi dà più di soddisfazione. Magrini, per me è il ciclismo, andavo a vederlo nei circuiti e gli chiedevo la borraccia, l’ho visto vincere, è stato poi uno dei miei direttori sportivi, mi ha fatto anche da allenatore, siamo amici e per me è una delle persone migliori che ci siano in questo mondo, un uomo di grande cultura, di grande cuore e con un fantastico senso dell’umorismo. Gli voglio davvero bene.
CD Ma dimmi, qualche ciclista che ti stava veramente sulle balle c’era?FS Non ti faccio nomi, ma ti dico quelli che ti guardano sempre dall’alto verso il basso e si pensavano di esser chissà chi, poi magari andavano meno di me.
CD Hai mai corso con Simoni?
FS No non ho mai corso con lui nella stessa squadra, ma Simoni mi è sempre stato simpatico come tutti i trentini anche perché hanno un carattere di merda come noi lunigianesi che siamo guardinghi e diffidenti. Se ti comporti bene, con correttezza ed onesta, ti diamo tutto, ma guai a provare a farci fessi. Non perdoniamo. Ecco anche i trentini sono un pò così come noi.
CD Tu hai corso anche con Petacchi, Evans, Savoldelli, Cipollini, Scarponi, Bennati, Mazzoleni, Luca Mazzanti, c’è qualcuno di loro oltre a Cipollini, che ti è rimasto particolarmente nel cuore come essere umano, oltre che come ciclista?
FS Mi è rimasto nel cuore Scarponi, non solo perché non c’è più. Ho fatto con lui i miei ultimi due anni alla Domina. Eravamo amici, lui partiva dalle Marche nel weekend per venire a mangiare il pesce con me. Un vero amico. Poi Alessandro Petacchi, ha vinto tutto quello che poteva vincere come velocista, ma è rimasto lo stesso che correva e vinceva da juniores. Non si è mai montato la testa, una persona vera. Alcuni come Cadel Evans, non li ho vissuti così tanto, ma a dire il vero andavo d’accordo un po’ con tutti. Dei miei compagni ho solo bei ricordi.
CD E con Cunego? L’esperienza di cui parlavi prima in nazionale, poi? FS Sì ho lavorato per lui ed abbiamo vinto. Nel mondo del ciclismo sono davvero tutte brave persone. Una cattiva persona non è facile da trovare, ok puoi trovare uno con cui non vai d’accordo, ma il ciclismo comporta fatica ed hai bisogno degli altri, ci vuole anche tanta tanta umiltà e l’umiltà aiuta molto nelle interazioni personali.
CD Finiamo in bellezza e parliamo di una cosa che credo piaccia ad entrambi. No, non è quella a cui stai pensando! Perchè molti ex ciclisti si sono poi trovati a fare gli albergatori, i gelatai o i ristoratori? Vedi Tafi, Chioccioli, Giovannetti, Traversoni, Riccò, Mazzoleni, Pieri e mille altri ancora?
FS Mah non so esattamente. Certo è che quando corri da professionista ti devi alimentare da professionista facendo mille sacrifici. Forse ti rimane una voglia di ‘recuperare’ e ti appassioni a quello che ti poteva mancare. Poi credo che c’è l’amore per la propria terra, il fatto che il ciclismo ed il territorio vadino di pari passo ed infine il bisogno di stabilità dopo una vita a vagabondare stando pochissimo a casa. Io, ad esempio, amo la mia terra, la Lunigiana, e nel mio piccolo faccio di tutto per promuoverla e valorizzarla per quanto mi sia possibile.
CD Sei mai stato da Eddy Mazzoleni o da Dario Pieri, entrambi tuoi ex compagni di squadra?
FS Sono andato varie volte a trovare Dario, anche al poligono che gestiva, ma non al suo nuovo ristorante a Volterra. Me l’ero ripromesso ma con sto casino della pandemia, non sono ancora andato a trovarlo. Da Eddy non sono mai andato.
CD Cosa ti piace mangiare?
FS A me piace mangiare tutto basta che sia buono e sano. Vado benissimo anche con due salsicce alla griglia con la birra. Adoro una buona Fiorentina e la carne in genere ma mi piacciono anche il pesce, la pizza e la pasta come quella che si fa accanto a casa mia, la Pasta Martelli. Poi per il vino suggerisco il Bolgheri; con 15euro puoi farti un ottima bottiglia.
CD Ringraziamo Francesco per per questa piacevolissima chiacchierata. E chiudiamo ricordando a tutti di seguirlo sul suo divertentissimo Instagram account @francescosecchiari, dove tra goliardia e divertimento troverete spunti per riflettere e piccole perle di saggezza. Grazie Francesco e a presto!