di Enrico Roberto Carrara

“Tutti gli uomini sognano ma non allo stesso modo. Coloro che sognano di notte nei ripostigli polverosi delle loro menti, scoprono al risveglio la vanità di quelle immagini … ma quelli che sognano di giorno sono uomini pericolosi perché può darsi che recitino il loro sogno ad occhi aperti per attuarlo”. Scomodo Lawrence d’Arabia perché da un tipo come lui c’è da fidarsi e queste righe tratte dal suo libro “I sette pilastri della saggezza” la dice lunga di quanto il colonnello Lawrence avesse chiaro il processo per attuare con successo le sue ardite azioni. Immaginare, infatti, significa creare un’immagine nella propria mente di ciò che si vuole realizzare, ma non solo, anche tutte le azioni necessarie. Emiliano e Giacomo hanno immaginato bene, al punto di decidere che per realizzare il loro “sogno ad occhi aperti” sarebbero bastati 3 mesi di allenamento consumato nei fine settimana avendo anche cura del lavoro, della moglie, la famiglia, i figli, insomma, tutto quel  ecosistema da mantenere in equilibrio se si vuole che tutto funzioni al meglio.

Ed è stato nell’attimo in cui hanno immaginato e deciso che lo avrebbero fatto e portato a termine che il loro triplo everesting era già finito. Il tempo di un attimo. 

Nella loro mete l’immagine di “cosa” e del “come” era così definita che, a quel punto, era solo questione di tempo, per l’esattezza, tre mesi per preparare un’impresa fuori dal comune come un triplo everesting e cioè salire, pedalata dopo pedalata per 27.000 mt di dislivello positivo percorrendo, ininterrottamente, una unica salita a discrezione che nel caso di Emi e Jack si è ripetuta per per 35 volte. 

Se non si è ancora capito lo hanno portato a termine il loro triplo everesting e mezzo, sì perché, già che c’erano, non si sono fermati allo scoccare del dislivello previsto ma hanno tirato diritto per godersi a pieno quel “attimo” di tre mesi prima.

Ho avuto il piacere di accompagnare e Emi e Jack durante la loro pedalata e sono rimasto colpito dalla semplicità del loro gesto, sempre leggero, sicuro, sorridente. Dall’eleganza di biciclette da 1.000 €, proprio quelle ignoranti, fedeli e senza fronzoli, ma con tanta sostanza. Che te ne fai di una bici da 13.000 € quando tutto quello veramente indispensabile era semplicemente immaginare?

E il casco della Lidl di Giacomo? Ne vogliamo parlare? E l’alimentazione scientemente a base di pappardelle al ragù, torte della mamma, pizza e quanto di più carezzevole potessero mangiare, amorevolmente portato dalle mogli e amici puntualmente alle 9 di sera organizzando cene da veri nomadi con sedie e tavolo da campo, luci frontali e caffè. E Piotr, che con il suo furgone da lavoro “Pietro l’imbianchino” parte tutte le mattine all’alba da Fucecchio per arrivare il vetta al monte Serra con la colazione calda. Che poi essendo anche lui ciclista a forza di accompagnarli quasi si fa un everesting. E Zico, quello di Stelvio Unlimited e trainer di Emi e Jack, che parte da Cagli in bicicletta con il cugino Michele per vedere se quei toscani allenati per telefono fanno veramente sul serio. E Fabio! Che ha guidato per 5 notti filate l’automobile anti cinghiali. Tutti sono stai protagonisti della bellezza corale di questa impresa che ha consentito di vivere incessantemente un’esperienza quasi surreale anche ad amici e sostenitori, tra questi i ragazzi del Bike Dreamers, del Torretta bike e i tanti che nei modi più disparati hanno sostenuto Emiliano e Giacomo a macinare numeri impressionanti come 807 km per 27.180 mt di dislivello positivo, omologando il loro triplo everesting, per poi arrivare, fuori programma, a 31.496 mt di scalata prima di essere fermati da una violenta perturbazione trovando il limite nella pioggia che ha iniziato a batte duro sulle loro schiene e il freddo, tanto freddo, che ha impedito di moltiplicare l’everesting per quattro. Ma poi che altro si sarebbero potuti inventare se fossero arrivati a quattro? La somma di tutto consegna alle statistiche dell’Everesting, ormai il ciclismo a più declinazioni delle categorie di Porn Hub, un gesto a livello mondiale tutto compiuto nella più disarmante normalità. 

Ho pensato che proprio la normalità sia la regola di questa parte d’Italia visto che anche uno dei più famosi atenei del mondo, a Pisa, si chiama Scuola Normale e allora viene da pensare se; la normalità, fisica, mentale ed emozionale fosse quella espressa da Emiliano e Giacomo? Una normalità visionaria e libera, “unlimited” come direbbe Zico.